BOZZE NON CORRETTE

Stenografico Aula in corso di seduta

Seduta n. 224 del 18/11/2002

Discussione del disegno di legge: S. 1742 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 212, recante misure urgenti per la scuola, l'università, la ricerca scientifica e tecnologica e l'alta formazione artistica e musicale (approvato dal Senato) (3312) (ore 15,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2002, n. 212, recante misure urgenti per la scuola, l'università, la ricerca scientifica e tecnologica e l'alta formazione artistica e musicale.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3312)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Informo che i presidenti dei gruppi parlamentari dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto che la VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Santulli, ha facoltà di svolgere la relazione.

PAOLO SANTULLI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli deputati, il decreto-legge di cui si propone la conversione in legge affronta temi diversi che vanno dalla razionalizzazione della spesa nel settore della scuola e dalla funzionalità delle sedi scolastiche, ad interventi indifferibili, anche di natura finanziaria, nei settori dell'università, della ricerca e dell'alta formazione artistica e musicale. Nell'insieme, tali misure tendono ad assicurare alcune condizioni indispensabili per la funzionalità delle strutture scolastiche, universitarie e della ricerca, il cui perseguimento ha chiesto l'adozione di un apposito provvedimento legislativo di urgenza.
Il Senato, nell'approvare il disegno di legge di conversione, ha introdotto modifiche ed integrazioni che appaiono condivisibili, affrontando questioni la cui soluzione non è più differibile.
In estrema sintesi, il contenuto degli undici articoli, (8 originari e 3 aggiunti dal Senato) che attualmente compongono il decreto-legge può essere riassunto come segue.
Per quanto riguarda la scuola, si interviene sulla riconversione professionale per i docenti in soprannumero, sui compensi per il personale docente impegnato negli esami di maturità, sui meccanismi di formazione delle classi e sui requisiti formali della nomina in ruolo dei docenti assunti prima del 1995. Si stanziano, inoltre, apposite risorse per i servizi di pulizia dei locali scolastici.
Nel campo dell'università, gli interventi principali riguardano l'individuazione di risorse per sanare situazioni debitorie delle università statali e per l'attribuzione di borse di studio agli studenti delle università non statali, oltre che il potenziamento delle attività di orientamento tutorato; tratta, inoltre, le procedure per la realizzazione di alloggi e residenze universitarie e la composizione del consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU). È prevista anche una proroga di ulteriori sei mesi per l'adeguamento dei corsi universitari ai nuovi orientamenti didattici.
Per quanto riguarda la ricerca, sono previste norme sui compensi per i componenti di commissioni e comitati coinvolti nelle procedure di selezione e valutazione di programmi e progetti di ricerca e sulla destinazione delle risorse assegnate dalla finanziaria 2001 al fondo per le agevolazioni alla ricerca.
Infine, con riferimento all'alta formazione artistica musicale, si segnalano le risorse destinate agli interventi urgenti di edilizia e, soprattutto, le nuove norme sulla validità dei titoli di studio da esse rilasciati. Gli interventi richiamati costituiscono una selezione di misure improcrastinabili per assicurare l'efficienza dell'azione governativa nei diversi campi di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. La particolare urgenza che tali interventi hanno assunto per il Governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene è evidenziata anche dal fatto che il provvedimento reca numerose disposizioni già contenute in progetti di legge all'esame del Parlamento, i cui tempi di approvazione appaiono, però, incerti. Lo «stralcio» di tali interventi è volto a garantire la tempestività e, in alcuni casi, ad assicurare l'effettivo utilizzo delle risorse «accantonate» dalla legge finanziaria dello scorso anno.
Dal punto di vista politico, le posizioni assunte dai gruppi al Senato e alla Camera appaiono diversificate a seconda delle singole misure. Accanto ad interventi che hanno suscitato un acceso confronto tra maggioranza ed opposizione, in molti casi mi sembra di poter dire che si registri una sostanziale concordanza sull'opportunità e l'urgenza delle norme proposte. Per lo più le obiezioni prospettate si concentrano su aspetti di dettaglio, che sembrano poter essere affrontati e risolti in sede di attuazione della nuova normativa, magari sulla base delle indicazioni che potranno essere formulate tramite appositi ordini del giorno. Tale ragionamento vale anche per le osservazioni avanzate dal Comitato per la legislazione e dalle Commissioni parlamentari che hanno esaminato il provvedimento in sede consultiva, come pure dalla Conferenza unificata, Va inoltre segnalato che la Commissione, dati i tempi ristretti entro i quali ha dovuto procedere all'esame del decreto, che, lo ricordo, è coinciso con il periodo in cui la finanziaria era all'esame dell'Assemblea, non ha potuto svolgere una diretta attività di consultazione e confronto con i soggetti interessati al provvedimento (tramite, ad esempio opportune audizioni informali).
Posso assicurare però che si è tenuto conto di tutte le segnalazioni e i suggerimenti che da tali soggetti sono pervenuti nel corso delle ultime settimane, sia per iscritto sia in incontri informali tenuti in Commissione anche a livello personale dai deputati interessati.
Presidente, per economia di tempo chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione comprendente ulteriori considerazioni riguardanti il contenuto del provvedimento nel suo dettaglio.

PRESIDENTE. La Presidenza ne autorizza la pubblicazione sulla base dei consueti criteri.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

STEFANO CALDORO, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lolli. Ne ha facoltà.

GIOVANNI LOLLI. Signor Presidente, la collega Grignaffini, nel suo intervento, si soffermerà sul complesso del decreto-legge; io, invece, parlerò dell'articolo 6, riguardante conservatori, accademie ed altro. Segnalo innanzitutto che vi è una storia molto particolare che riguarda questo articolo, perché in Commissione abbiamo prima cominciato a discutere un disegno di legge per poi scoprire, rimanendo un poco costernati, che nel frattempo il Governo stava predisponendo un decreto-legge, senza che le informazioni fossero circolate in modo adeguato. A mio parere, ritengo che il decreto-legge sia riuscito comunque meglio del disegno di legge.
Il provvedimento oggi al nostro esame interviene su un problema, un vuoto che è stato lasciato - purtroppo non è il solo - dalla legge n. 508, legge che tuttora ritengo un provvedimento straordinario ed importante, una conquista molto seria del mondo universitario italiano che, tuttavia, nel suo impianto aveva lasciato irrisolte alcune problematiche. In modo particolare si sta ora parlando di istituzioni formative che danno, sostanzialmente, una formazione di livello molto alto. Tuttavia, i ragazzi, i giovani che si diplomano in queste strutture formative rischiano di non avere un titolo legale e formale adeguato al loro livello formativo: in una situazione nella quale ormai, a livello europeo, concorrono titoli di studio conseguiti in paesi diversi, il paradosso potrebbe essere quello che vede i giovani diplomati in Italia, pur essendo il titolo e la formazione conseguite nel nostro paese, dal punto di vista sostanziale, la più elevata, non poter concorrere, dal punto di vista formale, con i giovani diplomati in altri paesi.
I problemi si pongono su due diversi livelli: cosa sarà - a regime - di queste situazioni; cosa fare nella fase transitoria, cioè che fine far fare a tutti coloro che in questi anni hanno conseguito questi diplomi e a quei tanti studenti che, attualmente, si trovano nel periodo formativo.
Spererei, anzi, raccomanderei, che nel necessario adeguamento del valore legale di questi titoli non si disperda la specificità, la storia di queste istituzioni formative italiane che, mediamente, hanno un livello molto elevato.
Questa non è la sola contraddizione presente nella legge n. 508 del 1999. Ci siamo già trovati di fronte ad altri casi e non è escluso che ulteriori se ne potranno presentare; ad esempio, qualche mese fa abbiamo discusso sulla trasformazione degli ISEF in facoltà o università di scienze motorie. L'esigenza che già in Commissione ho cercato di segnalare è che in tutti questi casi si vada verso soluzioni uniformi, evitando di apparire arbitrari o confusi.
Innanzitutto, vi è il problema del valore del titolo di studi conseguito ai fini del percorso lavorativo e dell'insegnamento, che ovviamente dobbiamo equiparare. Vi è, però, anche il problema di operare analogamente per quanto riguarda il valore del titolo di studi ai fini della continuazione del percorso formativo.
Ferma restando, ovviamente, l'autonomia universitaria (ho apprezzato che ciò sia stato precisato nel dibattito che si è svolto in Commissione), tuttavia scegliamo di equiparare questi titoli di studio. Lo voglio chiarire con grande fermezza perché nello stenografico relativo alla discussione che si è svolta in Commissione, forse per la fretta o forse perché io stesso non sono stato sufficientemente chiaro, in un primo momento era comparso che fossi contrario a questa equiparazione; dopodiché, vi è stata una correzione che ho apprezzato. Semplicemente, chiedevo - come chiedo tuttora - che vi sia uniformità negli atteggiamenti e nelle scelte che si compiono.
Credo che il decreto-legge in discussione in merito a questo aspetto nella sua ispirazione sia condivisibile; tuttavia, vi sono dei limiti. Al riguardo, in fase di discussione in Commissione abbiamo già segnalato alcuni aspetti che in questa sede voglio tornare a sottolineare, anche perché rimangono aperti alcuni problemi e il rischio è che saremo costretti ad affrontarli nuovamente.
Il primo di questi problemi riguarda il personale docente e non docente. Nel momento in cui si sceglie con grande nettezza di equiparare il ruolo e il titolo di studi rilasciati da questi istituti formativi, diventa difficile continuare a negare che al personale impegnato a formare gli universitari non debbano essere riconosciuti i titoli ed il ruolo necessari.
Domani vi sarà una conferenza stampa tenuta dal comitato per l'alta formazione artistica e musicale cui personalmente prenderò parte; inviterei anche altri colleghi e lo stesso sottosegretario a parteciparvi ed a raccogliere le proposte e le indicazioni che giungeranno. Mi riferisco, innanzitutto, al fatto che si chiede, ad esempio, che vi sia un riconoscimento reciproco di crediti tra l'AFAM e le università (già ne avevamo discusso in Commissione e ciò è stato dato per acquisito, ma forse poteva essere sottolineato con maggiore precisione). Ci siamo, inoltre, permessi di presentare un emendamento molto significativo - che purtroppo non è stato accettato (capisco la fretta ma ciò sarebbe stato opportuno) - concernente l'istituzione di un fondo, che peraltro anche i docenti continuano a chiedere. Il relatore ha dichiarato che, giustamente, che vi saranno fondi per l'edilizia, ma vi è anche la necessità di un fondo per la riqualificazione e la valorizzazione professionale del personale che opera all'interno di questi istituti.
Vi sono poi altre segnalazioni giunte dagli studenti e che suggerirei di considerare con una certa attenzione. In modo particolare, gli studenti riuniti un comitato nazionale hanno chiesto che queste prerogative fossero circoscritte agli istituti indicati nell'articolo 1. Francamente, anche noi, insieme ad altri colleghi, abbiamo proposto un emendamento relativo all'articolo 3-ter, chiedendo di sopprimerlo - almeno nel testo attuale - in quanto generico. Infatti, non vi è un elenco né l'indicazione di criteri di estensione di queste prerogative ed il rischio è che vi sia o un arbitrio o una svalutazione della materia.
Gli studenti avanzano anche altre richieste; ad esempio, chiedono di abrogare un comma relativo ad un articolo del testo unico che effettivamente, in modo a mio parere un po' bizzarro, cancella l'intero iter di studi se il diploma non viene conseguito entro cinque anni. Francamente, mi sembra un aspetto sul quale tutti quanti dovremmo cercare di riflettere un po' meglio.

Inoltre, chiedono - altra cosa che mi sembra legittima - che, analogamente a quanto avviene per le università, vi sia l'istituzione di un consiglio nazionale degli studenti delle accademie e dei conservatori. Infine, chiediamo - ed abbiamo presentato in aula apposito emendamento - una considerazione particolare per gli accompagnatori di pianoforte che possono essere considerati diversamente, istituendo cattedre ad hoc che riconoscano la loro professione e valorizzino il loro ruolo (Applausi dei deputati dei gruppi dei Democratici di sinistra-l'Ulivo e della Margherita, DL-l'Ulivo - Commenti del deputato Giordano).

PRESIDENTE. Onorevole Giordano, non disturbi gli oratori...

FRANCESCO GIORDANO. Gli accompagnatori di pianoforte è la prima volta che li sento!

PRESIDENTE. Non li trascuri!
È iscritta a parlare l'onorevole Titti De Simone. Ne ha facoltà.

TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, riconosciamo che il provvedimento in oggetto contiene una serie di indicazioni e di interventi certamente tardivi ma fondamentali e necessari per la sopravvivenza, perché ormai di questa si tratta, delle università, degli atenei e degli istituti di alta formazione artistica. Tuttavia, riteniamo che il provvedimento sia del tutto insufficiente a rispondere in modo efficace ad un'enorme questione apertasi nel paese che riguarda la qualità e l'efficienza della scuola e delle università pubbliche, l'autonomia degli istituti di alta formazione e, nel complesso, tutta la questione del diritto allo studio.
Il carattere frammentario e molto disorganico di questo provvedimento traccia un profilo complessivamente peggiorativo di alcuni provvedimenti già in vigore riguardanti il settore a cui si fa riferimento. Non si fa, quindi, che confermare l'impostazione di fondo, il profilo politico complessivo di questo Governo circa i settori della scuola e dell'università. Infatti, viene riconfermata, nella sostanza, quella politica di razionalizzazione degli investimenti, delle risorse umane ed economiche e della qualificazione del sistema della formazione pubblica che penalizza complessivamente la qualità della formazione e le politiche del diritto allo studio.
Le risorse recuperate con questo decreto-legge, oltre ad essere tardive, si dimostrano del tutto inadeguate ed insufficienti alla necessità, ai bisogni ed alle emergenze che, purtroppo, le politiche del Governo hanno determinato con riguardo alla qualità ed al funzionamento dell'istruzione e della formazione pubblica. Tale linea politica è ampiamente segnata nell'articolato del decreto-legge in esame per quanto riguarda la riconversione dei docenti sovrannumerari, per quanto riguarda la tardiva ed insufficiente questione dei compensi per gli esami di maturità (tra l'altro, si tratta di materia affrontata attraverso una legge finanziaria in modo, a nostro avviso, del tutto scandaloso) e per quanto riguarda la formazione delle classi.
Dunque, nel complesso il profilo è quello della riduzione di investimento su settori che riteniamo strategici e che, invece, per questo Governo si confermano essere solo meri capitoli di bilancio o, nella peggiore delle accezioni, settori su cui si sta portando avanti una massiccia politica di privatizzazione che penalizza pesantemente la grande questione del diritto allo studio. Davanti a questi provvedimenti mi sembra del tutto ovvio che l'opinione, non solo nostra ma anche di gran parte del mondo scientifico delle accademie, delle università e della scuola, non possa che essere di grande preoccupazione, come del resto le mobilitazione dei mesi passati e dei prossimi dimostrano.
Vengono recuperate risorse come dicevo tardive e non sufficienti anche per quanto attiene l'edilizia scolastica. Tuttavia questo provvedimento non può essere ben compreso se non si sottolinea il collegamento (che anche questo provvedimento assume) rispetto alla legge finanziaria appena approvata in prima lettura qui alla Camera, sotto il profilo dei tagli e delle riduzioni di investimenti e di risorse, laddove l'attacco complessivo al diritto allo studio viene sostanzialmente riconfermato nel decreto-legge al nostro esame. Pertanto, la logica intrapresa dall'attuale Governo in questi settori è naturalmente oggetto da parte nostra di opposizione ferma, rigida ed intransigente (sia nel Parlamento sia nel paese) anche rispetto a questo provvedimento
Peraltro la mancanza di risorse adeguate per l'università si traduce già concretamente in un peggioramento delle condizioni di qualità dell'offerta formativa da parte degli istituti di formazione universitaria, a fronte del fatto che già con questa legge finanziaria gran parte dei fondi destinati alle risorse ordinarie dell'università sono stati fortemente ridotti, suscitando anche una reazione del tutto legittima e condivisibile da parte di moltissimi rettori degli atenei italiani, i quali hanno annunciato e minacciato le proprie dimissioni. Si rischia infatti sostanzialmente il fallimento degli atenei, nonché conseguentemente (proprio per salvare questa situazione) l'aumento delle tasse universitarie, che peserà notevolmente sulle tasche degli studenti e delle famiglie. E ciò proprio per poter provvedere a quello a cui il Governo sostanzialmente non intende far fronte, cioè un investimento di risorse per le università.
In questo quadro, non condividiamo pertanto la scelta di uniformare con una spesa di 10 milioni di euro il trattamento sul diritto allo studio per gli studenti iscritti agli istituti universitari privati, perché ci sembra che così facendo si continui a sostenere (non solo da parte dell'attuale Governo) una linea di parificazione dell'istruzione pubblica con quella privata, laddove il nostro paese ha già visto consumare un deterioramento, non solo simbolico ma anche materiale, dell'istruzione pubblica con un'eliminazione del primato della scuola pubblica e quindi del diritto allo studio che in primis lo Stato deve naturalmente garantire proprio nella formazione pubblica.
Gli emendamenti che abbiamo presentato sottolineano appunto l'esigenza di una proposta totalmente alternativa alle ricette presentate, anche con questo decreto-legge, dal Governo. Per quanto riguarda la scuola, su tutta la grande vicenda del precariato, e quindi anche per quanto attiene la riconversione del personale sovrannumerario, i nostri emendamenti vanno nella direzione di garantire a chi ne ha acquisito il diritto (perché ha insegnato nella scuola pubblica in condizioni di precariato) l'assunzione nella pubblica istruzione, quindi quell'immissione in ruolo che l'attuale Governo ha più volte promesso ma mai realizzato. I nostri emendamenti si ispirano alla valorizzazione del servizio svolto e quindi all'esperienza acquisita sul campo.
Per quanto riguarda la questione dei docenti di sostegno, prevediamo una sessione riservata di esami, per il conseguimento dell'abilitazione e dell'idoneità per quei docenti che hanno avuto il titolo di specializzazione ma non hanno conseguito l'abilitazione. Al riguardo, ci rammarichiamo che nonostante le promesse del ministro e del sottosegretario Aprea, a seguito dell'approvazione all'unanimità, nella VII Commissione, di una risoluzione su tale specifica questione degli insegnanti di sostegno, ancora non si sia giunti ad alcun provvedimento concreto da parte del Governo.

La stessa questione di proposte alternative riguarda ciò che si intende realizzare con riferimento alla riforma dell'università.
Non abbiamo mai difeso le riforme degli ultimi anni sulla scuola e sull'università, in quanto riteniamo che molti elementi peggiorativi e di dequalificazione del sistema pubblico, purtroppo, siano già inseriti anche nelle riforme che hanno preceduto questo Governo. Non siamo tra quelli che difendono l'entrata in vigore della riforma universitaria, condividendone l'essenza, i contenuti, la filosofia, il profilo. Tuttavia, crediamo che, attraverso questo provvedimento, il Governo avochi a sé il potere di disporre una deroga di ulteriori sei mesi per il reale funzionamento e il concreto dispiegarsi della riforma universitaria. In realtà, questa proroga non farà altro che peggiorare la situazione di caos e di frammentazione che la mancata applicazione della riforma ha già registrato in numerosi atenei.
Presenteremo un emendamento di salvaguardia degli statuti già approvati dalle università proprio per andare incontro a quanto sostenuto da molti docenti e rettori che, ancora oggi, si dicono preoccupati nei confronti del Governo per il continuo reiterarsi di deroghe e proroghe già disposte con precedenti decreti-legge.
Per quanto riguarda le accademie, i conservatori e, più in generale, gli istituti di alta formazione, ritengo che il provvedimento in esame non faccia altro che intervenire in modo assolutamente insufficiente e frammentario. Su tale questione, in Commissione - come sa bene il sottosegretario -, vi è stato un dibattito molto complesso con l'audizione anche di numerosi rappresentanti del mondo delle accademie (studenti, sindacati, docenti e direttori) e mi sembra che il parere emerso su tale tema fosse sostanzialmente unanime e che la reazione del Governo rispetto alla situazione delle autonomie non fosse adeguata alle preoccupazioni sollevate dal mondo delle accademie e dei conservatori. Mi riferisco all'adeguamento alle situazioni, agli stati giuridici e alle istituzioni già in vigore in Europa e che, per quanto ci riguarda, concernono la piena applicazione dell'articolo 33 della Costituzione, il quale stabilisce il principio della parità tra università e accademie, tra arte e scienza, tutte ugualmente definite come istituzioni di alta cultura.
Questa parità, costituzionalmente garantita, è già scomparsa nella legge n. 508 del 1999 e viene nuovamente disattesa nel decreto-legge in esame.
Al contrario, noi riteniamo - e abbiamo elaborato proposte emendative con tale finalità - che sia necessario e urgente intervenire affinché l'inserimento delle istituzioni di alta formazione nel sistema dell'istruzione superiore universitaria compia quello che noi consideriamo un atto dovuto, che riguarda l'adeguamento dei titoli - in parte affrontato anche in questo decreto-legge - nonché lo stato giuridico della docenza universitaria.
Come ricordava il collega Lolli, domani ci sarà una conferenza stampa relativa a tali temi. Comunque, a me preme sottolineare già da subito che, nonostante sia da valutare positivamente la parte di questo provvedimento relativa all'equiparazione dei diplomi accademici alle lauree del triennio universitario, questo decreto-legge continua, purtroppo, ad evidenziare fortissime incongruenze rispetto all'interpretazione autentica della legge n. 508 del 1999.
Indico alcune di queste incongruenze. Per esempio, i docenti che sono chiamati a valutare lavori e tesi parificate a quelle universitarie e che sono abilitati a rilasciare diplomi equiparati a quelli universitari, neanche questa volta vedono riconosciuto il loro grado universitario di docenza. Il decreto-legge ignora completamente la situazione, che noi riteniamo intollerabile, determinata dalla legge 21 dicembre 1999, n. 508, con l'istituzione di un ruolo ad esaurimento per l'intero corpo docente delle accademie e dei conservatori; ciò ha bloccato, fino ad oggi, la progressione delle carriere di questi docenti ad un livello massimo - l'VIII-bis del comparto scuola, per intenderci -, creando un paradosso di dubbia costituzionalità: si tratta di docenti che, pur svolgendo funzioni equiparate a quelle universitarie, non vedono riconosciuto il ruolo richiesto nelle istituzioni universitarie per rilasciare diplomi di laurea, lauree specialistiche e specializzazioni. Vediamo confermato questo problema di dubbia costituzionalità anche con il decreto-legge in esame.
Inoltre, direi che in questo provvedimento c'è una clamorosa omissione che si aggiunge al quadro complessivo e che riguarda le incertezze delle scuole di specializzazione idonee: incertezza delle risorse economiche destinate a queste scuole di specializzazione e, soprattutto, mancanza della garanzia del sistema reciproco di riconoscimento dei crediti fra le istituzioni dell'AFAM e le università.
Per alcuni aspetti il provvedimento del Governo, benché tardivamente, riesce comunque ad intervenire su una situazione di grave emergenza che si è venuta a creare per questi istituti e, in generale, per le università; ciò nonostante, per tutte le ragioni esposte, riteniamo che questo provvedimento risponda in modo molto negativo e regressivo al problema enorme che è rimasto ancora in campo: l'applicazione dell'articolo 33 della Costituzione per quanto riguarda le accademie e i conservatori e, in generale, il processo di dequalificazione del sistema pubblico della formazione che questo Governo sta portando avanti.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Volpini, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Rodeghiero. Ne ha facoltà.

FLAVIO RODEGHIERO. Signor Presidente, le disposizioni contenute nel decreto-legge al nostro esame ci inducono ad esprimere un giudizio favorevole, innanzitutto per gli interventi finanziari tendenti a sopperire a talune esigenze della scuola e dell'università, derivate da scelte ed obblighi sorti diversi anni fa; in particolare, per l'università sono previsti 375 milioni di euro per far fronte alla grave situazione debitoria dello Stato verso le stesse, dovuta agli scatti stipendiali dei professori e dei ricercatori. Ma il nostro parere è favorevole anche per gli interventi che sono autorizzati per il diritto allo studio, al fine di finanziare la corresponsione di borse di studio agli studenti iscritti presso università legalmente riconosciute e di assicurare uniformità di trattamento relativamente al diritto agli studi universitari. Anche con la previsione dell'articolo 3, peraltro, si fa fronte alle esigenze finanziarie derivanti dal trasferimento allo Stato del personale tecnico, amministrativo ed ausiliario delle istituzioni scolastiche e dal conseguente subentro nei contratti di appalto stipulati dagli enti locali per servizi di pulizia dei locali scolastici.
Il provvedimento è, inoltre, caratterizzato da misure ispirate a corretti criteri di razionalizzazione delle risorse, quali la previsione dell'obbligo di riconversione professionale. Dobbiamo sottolineare come particolare valore ricopra la disposizione contenuta nel comma 3 dell'articolo 4 in materia di edilizia scolastica. L'intervento, sicuramente positivo e oltremodo urgente, dovrà essere seguito da ulteriori previsioni nella legge finanziaria in questi giorni all'esame delle nostre Camere e in quelle dei prossimi esercizi finanziari. La situazione di inadeguatezza e di bisogno in cui versano le strutture scolastiche del paese è all'evidenza di tutti e i bilanci statali devono senz'altro farsi carico di tale situazione con incisività ma anche nei tempi più rapidi.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Pistone. Ne ha facoltà.

GABRIELLA PISTONE. Signor Presidente, colleghi, prendo la parola su questo provvedimento, per evidenziare, in particolare, alcune considerazioni in merito all'articolo 6, che riguarda il ruolo - o meglio - il riconoscimento dello stato giuridico (cioè della validità del titolo di studio) degli allievi delle accademie e dei conservatori.
Nel salutare in maniera favorevole questo passaggio per quanto riguarda gli studenti, francamente, scorgiamo la mancanza di un altrettanto fondamentale passaggio, cioè quello del riconoscimento del titolo di docente universitario agli insegnanti delle accademie.
Infatti, «delle due l'una», e se il decreto è sicuramente da valutare positivamente per ciò che concerne l'equiparazione dei diplomi accademici alle lauree del triennio universitario (decreto n.509 del 1999), si lasciano però aperti dei varchi e delle incongruenze troppo grandi che, a nostro avviso, addirittura rischiano di mettere in forse - o, comunque, di aprire al riguardo varchi di notevole incertezza - gli stessi riconoscimenti dei diplomi, trasformati, per così dire, in lauree.
Ciò, per una ragione semplicissima, che ritengo sia ovvia a tutti. Infatti, sostanzialmente, i professori, i titolari di cattedra che oggi sono equiparati al ottavo livello sono, in un certo senso, «coloro» , i cui allievi hanno poi automaticamente il titolo di laurea ma allora, proprio in tutto questo, c'è un'incongruenza palese.
Abbiamo lavorato molto su questo tema, anche nel corso della passata legislatura. Ricordo la famosa legge n. 508 del dicembre 1999, la quale aveva, per così dire, compiuto un percorso che era da attuare (evidentemente, negli esercizi di delega e nelle trasformazioni richieste).
Oggi il problema è ancora aperto e lo è per un vasto numero di insegnanti che, ovviamente, in tutta Italia, si troveranno di fronte a questa problematica. Da un lato, si dice che gli insegnanti si troveranno agevolati nel vedere riconosciuto il loro titolo in quanto, se gli alunni avranno le lauree, è giocoforza che gli insegnanti, in qualche modo, debbano anch'essi vedersi riconosciuto, in qualche modo, il titolo di docenti universitari.
Sono insomma tra coloro che ritengono che questo non possa costituire un passaggio tout court, tanto è vero che ho presentato degli emendamenti in Commissione - poi ritirati e ripresentati per l'Assemblea -, nei quali, in sostanza, si chiede - e si dice - che il rapporto di lavoro, le procedure di reclutamento del personale, delle istituzioni (di cui, appunto, all'articolo 1, che sono le accademie di belle arti, i conservatori, l'ISIA, l'accademia nazionale di arte drammatica, l'accademia nazionale di danza e via dicendo), siano regolati, a regime, sotto il profilo economico e giuridico, in analogia con le normative vigenti per le università. Tutto questo, come norma definitiva.
Tuttavia, in regime transitorio il personale docente in servizio, al momento dell'emanazione della presente legge, è ricollocato in ruoli di grado universitario nelle fasce previste, a cui si accede mediante tornate concorsuali riservate da tenersi, entro e non oltre, il 31 dicembre 2004: ovviamente per quanto riguarda la data vi è ampia flessibilità. Il personale docente che non superasse le forme concorsuali previste viene collocato in ruoli ad esaurimento, mantenendo le proprie funzioni ed il trattamento complessivo.
Ritengo che questo sia un iter sostanzialmente corretto, nel senso che crea e dà certezza - non automatismo - di un percorso al corpo docente; infatti, l'automatismo lo riterrei assolutamente sbagliato.
Un ragionamento assolutamente identico l'ho già svolto in Commissione di fronte al sottosegretario, al relatore ed al presidente Adornato per chiedere, sostanzialmente, un percorso e un impegno. È inutile che ci nascondiamo dietro un dito, questo decreto-legge non verrà modificato anche se, come io ritengo, vi potrebbero essere anche i termini ed i tempi per poterlo fare, ma sappiamo che ciò non avverrà. Anche se ero nel mio ufficio ho comunque seguito i lavori in Assemblea ed ho potuto notare che il sottosegretario si è riservato di intervenire in sede di replica. Per quanto mi riguarda vorrei avere una rassicurazione nei confronti di tutti quei docenti che, sostanzialmente, in questa fase si trovano «appesi» non costituendo né carne né pesce. Ciò, francamente, avviene in una distonia totale rispetto al quadro giuridico dei titoli di studio che si va autorizzando. Bisogna mettersi in linea con l'Europa, con gli altri paesi europei nei quali - lo sappiamo perfettamente - vengono riconosciuti dei titoli agli studenti di livello decisamente universitario. In questi paesi gli allievi, i professionisti - chiamiamoli così - del mondo artistico riescono facilmente ad entrare nel nostro paese vedendosi assicurati ingressi e ruoli nel mondo del lavoro; invece, ciò non avviene per gli allievi italiani quando varcano le soglie del nostro paese.
Oggi facciamo parte della Comunità europea e penso che sia nostro dovere, nostro compito assicurare massima omogeneità in questo settore. Bisogna riconoscere ai nostri allievi, alle nostre scuole un alto livello professionale e formativo, che, probabilmente, molti paesi non hanno. Sostanzialmente siamo penalizzati «ingiustamente» perché siamo elevati di livello, ma bassi come riconoscimento dal punto di vista dei titoli di studio scolastici.
Sommessamente, ma anche fermamente, chiedo al Governo che ci venga data contezza di quanto ho cercato di esprimere in maniera - lo spero - chiara.

Deve trattarsi anche di un percorso di tipo parlamentare, con delle scadenze molto ben precise. Sappiamo che è in procinto l'esame di un provvedimento che riguarda sostanzialmente la riforma universitaria (immagino sia a breve scadenza). Bene, non so se sia quello il provvedimento, ma avevo ipotizzato la possibilità di stralciare il tema dal provvedimento stesso. Giustamente si pose il problema della scadenza per gli allievi dell'anno in corso per cui ci siamo trovati in questa situazione. Comunque sia, la mia idea e quella del gruppo dei Comunisti italiani rimane quella che ho esposto. Peraltro, l'emendamento - lo voglio sottolineare - è stato firmato anche dall'onorevole Cusumano dell'UDEUR (il gruppo dell'UDEUR mi ha chiesto di sottoscriverlo e mi sembra corretto renderlo noto) che successivamente interverrà nel corso dell'esame del provvedimento.
Vorrei che fosse assolutamente chiaro (peraltro, ho ascoltato l'intervento dell'onorevole Titti De Simone e mi pare vada nella stessa direzione e sia, più o meno, di contenuto analogo) per l'intero corpo docente delle istituzioni di alta cultura la progressione delle carriere per ovviare a questa omissione, nonché al problema del riconoscimento dei crediti tra le istituzioni dell'AFAM e le università. Questo è il punto di forte contraddizione.
Non voglio dare la soluzione, pensando che sia l'unica e la sola. Ritengo che le strade, forse, possono essere più di una, ma al riguardo chiedo al Governo l'impegno a occuparsene e a dirci quando e dove possiamo riaffrontare il problema con serietà e con lo spirito di dare soluzione alla questione in discussione. Peraltro, ritengo sia importante - è anche un problema di diritto e lo dico tra virgolette - che vi sia la massima convergenza di tutti i gruppi, dell'opposizione e di maggioranza, su tale tema. Al riguardo, anche con riferimento al provvedimento n. 508 del 1999, nella passata legislatura maggioranza ed opposizione hanno lavorato in convergenza.
Riterrei utile riprendere nuovamente questo percorso e renderlo operativo nel più breve tempo possibile.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Grignaffini. Ne ha facoltà.

GIOVANNA GRIGNAFFINI. Signor Presidente, il fatto che tutti i colleghi che mi hanno preceduto si siano a lungo soffermati, non dico quasi esclusivamente, ma in maniera così centrale, sull'articolo 6 del provvedimento in esame mi consente già di entrare dentro la schizofrenia del provvedimento di cui stiamo discutendo.
Si tratta infatti di un provvedimento, un decreto-legge, che, da una parte, interviene in forma propria per risolvere una questione non risolta, o meglio ancora non risolta dal Governo, riguardante la possibilità di destinare risorse, possibilità prevista nell'ambito della legge finanziaria 2002, non ancora attivate. Si tratta di risorse relative al finanziamento degli uffici scolastici regionali, risorse relative al finanziamento delle istituzioni universitarie, in particolare per recuperare l'incremento dei contratti per il personale ricercatore e docente, risorse destinate - per una quota parziale, 90 miliardi di vecchie lire annue, per la ricerca. Vi era dunque la necessità di un decreto-legge che consentisse di recuperare, in termini di spesa effettiva, alcune allocazioni previste dalla precedente legge finanziaria e non ancora rese proprie. Lo strumento del decreto-legge, per quanto contestato, si rivelava quindi una forma propria rispetto a tale procedura.
In realtà, il Governo, insieme a tali elementi basilari, che fanno sì che ci troviamo di fronte ad un decreto-legge il cui termine per la conversione scade il giorno 25 novembre, - infatti, in base anche ai termini previsti nella legge finanziaria, si tratta di risorse da rendere spendibili nei termini del 25 di questo mese, - ha inteso inserire accanto a tale materia, altre materie di carattere specifico ed altre di carattere generale, ed in particolare il tema, di cui hanno discusso e sul quale si sono soffermati i colleghi che mi hanno preceduto, relativo ad una parziale riforma delle accademie e dei conservatori.
Su tale aspetto, al di là delle osservazioni già svolte che condivido, vorrei dire che il Governo non fa il suo mestiere, perché, anziché adoperarsi - ed il sottosegretario Caldoro sa bene di cosa stiamo parlando - per attivare quegli schemi di decreti o di regolamenti attuativi che avrebbero consentito, nel corso di questi diciotto mesi, ai conservatori e alle accademie, a riforma in itinere, - mi riferisco alla legge n. 508 -, di avere, attraverso l'autonomia finanziaria e didattica, gli strumenti per produrre il proprio processo di trasformazione e di innovazione, non solo non ha adottato tali schemi, ma ha deciso di riformare l'intero settore inserendo un «pezzo» di riforma all'interno di un decreto-legge che scade fra cinque giorni. Questa è la schizofrenia alla quale intendevo riferirmi. Per questa ragione, cosa ha dovuto fare il Governo? Lo hanno già sottolineato tutti: ha dovuto inserire all'interno di questo provvedimento soltanto la materia che si riferisce all'equipollenza fra i diplomi rilasciati dagli istituti di alta formazione, quali sono le accademie e i conservatori, e i diplomi di primo livello dell'istituzione universitaria. Ha inserito quindi dentro soltanto il «pezzo» di riforma più consensuale, direi, - infatti tutti siamo d'accordo - e quindi anche più demagogico, perché a costo zero. Non ha invece preso in esame tutte le conseguenze che, sul piano delle equiparazioni anche per quanto riguarda lo status giuridico dei docenti, l'attivazione di risorse e quant'altro, avrebbero dovuto conseguire da quel «pezzo» di riforma.
Ci troviamo dunque dinanzi a questa schizofrenia che ha consentito, poco e male, alla Commissione di discutere e di elaborare le proprie posizioni rispetto ad un provvedimento che, come è già stato sottolineato, manifesta qualche profilo di incostituzionalità. Nel momento in cui infatti l'equipollenza nel rilascio dei titoli viene riconosciuta a queste istituzioni, siamo di fronte ad una questione di stato giuridico e di riconoscimento di professionalità dei docenti che rilasciano tale attestato.
Vorrei però dire che anche in questo caso il Governo è da una parte schizofrenico, mentre dall'altro persegue una linea di radicale destrutturazione del sistema universitario, nel momento in cui pone in essere operazioni di contenimento dell'autonomia e del sistema universitario stesso.

A cosa mi riferisco, nel caso specifico? Mi riferisco, sottosegretario Caldoro, ad una proposta emendativa al disegno di legge finanziaria - presentata, non dal Governo, lo riconosco, ma dalle forze della maggioranza - che ha riconosciuto, alle istituzioni che svolgono attività didattiche a distanza, la possibilità di rilasciare diplomi di carattere universitario.
Lo so; vi sono state correzioni in corso d'opera. Tuttavia, mi preme sottolineare che, se procediamo in questo modo, senza una visione quadro, senza una visione di sistema in cui si stabiliscano le autonomie, le connessioni, le convenzioni, le relazioni, le equipollenze, in cui risulti chiaro chi sia il titolare legittimato a rilasciare titoli e diplomi (con tutto ciò che ne consegue dal punto di vista delle procedure e dei meccanismi che rendono possibile il rilascio di questi diplomi ed attestazioni), produciamo, in realtà, una grande confusione e destabilizzazione del sistema pubblico, delle sue poche certezze, delle sue poche risorse e dei suoi pochi finanziamenti. Con un po' di arrière-pensée, potremmo dire che apre alla finalizzazione del sistema universitario italiano a quei pochi centri di eccellenza che sono l'oggetto allo specifico studio della Commissione presieduta dal professor De Maio, istituita presso il Miur. Quindi, si tratta, da una parte, di un disegno strategico che prevede, per l'università italiana, pochi centri di eccellenza finanziati dal denaro pubblico e, dall'altra, di un continuo processo di erosione, di sottrazione di risorse, nell'ambito del sistema generale, originando una grande confusione per quanto riguarda le autonomie, i soggetti legittimati a rilasciare diplomi e certificazioni.
Questo discorso sull'università riguarda, non solo l'aspetto più specifico delle accademie e dei conservatori, ma, più in generale, i finanziamenti tardivi, anche da un punto di vista della loro quantificazione (75 milioni di euro per ogni anno); solo per recuperare il costo dei rinnovi contrattuali, si parla di 145 milioni di euro per anno (2002, 2003 e 2004). Si tratta, dunque, di uno stanziamento già ritenuto inferiore rispetto a quello supposto per recuperare questo adeguamento.
Ma - ovviamente, la materia è quella della legge finanziaria -, nel momento in cui viene operato questo tardivo stanziamento, ci si trova di fronte all'assoluta impossibilità ed incapacità di finanziare il fondo ordinario di funzionamento delle università e, in forma adeguata e articolata (non solo nel modo previsto da questo provvedimento), la questione del diritto allo studio e dell'edilizia universitaria (vi è il grande problema legato all'edilizia scolastica, ma ciò non costituisce l'oggetto di questo specifico provvedimento; ne abbiamo parlato a lungo durante l'esame del disegno di legge finanziaria). Sicuramente, non potete pensare di aver risolto tale problema, stanziando un miliardo per l'edilizia delle accademie e dei conservatori. Anche la quantità delle somme erogate tradisce un'idea, un pensiero.
Credo valga la pena sottolineare due aspetti, al di là del mancato finanziamento e, quindi, dell'indicazione che quello dell'università, della formazione e della ricerca non è ritenuto, da questo Governo, un settore di investimento, ma di tagli. Tale filosofia, sottosegretario Caldoro, emerge anche dai brevissimi aggiustamenti presenti in questo provvedimento, con riferimento alla scuola.

Si parla dei corsi di riconversione come di una sorta di obbligo o di coazione alla frequentazione, pena l'attivazione di quei processi di mobilità - di mobilità! - che si accordano perfettamente con l'idea «precaria» del lavoro docente che voi avete in mente: non si spiegano altrimenti i 34 mila esuberi previsti nell'arco degli anni 2002-2005, a cui dà luogo anche l'impossibilità di trovare forme di gestione che diano qualche certezza attraverso una chiara riflessione sugli organici di fatto, funzionali o di diritto. Non voglio entrare nel merito di queste diverse concezioni degli organici che hanno il centrodestra ed il centrosinistra; voglio soltanto rimarcare il fatto che contratti a tempo indeterminato nella scuola non avete intenzione di attivarne perché state mettendo in atto una strategia che precarizza anche un tipo di ruolo che è già attivo. Perché?
Siamo arrivati ad un altro punto importante che ha a che fare con la libertà di insegnamento. Premesso che il posto a tempo determinato e la certezza del ruolo riguardano sia il sistema dell'istruzione primaria e secondaria sia l'università, si assiste ad un vero e proprio attentato non solo all'autonomia delle istituzioni scolastiche, ma anche all'autonomia didattica ed alla libertà di espressione dei singoli docenti.
Credo che alla base di queste vostre idee vi sia una concezione della scuola, della formazione e dell'università non come elementi di dinamica sociale, di confronto e di crescita di liberi pensieri e di libere individualità, ma, secondo l'espressione che un tempo veniva usata, come «apparato ideologico di base», come lo strumento attraverso il quale produrre e trasferire determinate conoscenze. Di conseguenza, si tratta di sistemi da rendere, da un lato, più precari e, dall'altro, più sottoponibili al diretto controllo governativo. Vanno in tale direzione, infatti, molti atti compiuti da questo Governo ed anche alcune iniziative estemporanee di colleghi i quali, sulle questioni dei libri di testo e della libertà di insegnamento della storia come di altre discipline, stanno attivando vere e proprie forme di «controllo» (come un tempo si sarebbe detto), nonché di repressione nei confronti di chi sembra dissentire dalle indicazioni e dalle posizioni del Governo.
È prevista, poi, la possibilità di prevedere accorpamenti di classi secondo schemi legati, ovviamente, alla sola logica numerica e di riduzione delle spese. Alla concezione dell'istruzione come sistema legato ad inflessibili parametri di rigidità numerica (che vogliono dire anche rigidità dal punto di vista economico) ci siamo opposti e ci opporremo presentando emendamenti, ma anche e soprattutto combattendo con tutti i nostri mezzi l'idea della docenza come di un mondo formato da persone che hanno poca di voglia di lavorare (come si legge in alcuni documenti usciti dal MIUR), che non sono responsabili e che non si attivano come dovrebbero con riferimento al loro ruolo.
Noi ci muoviamo, invece, secondo una logica che ha piena fiducia e dà piena responsabilità all'intero corpo docente e che pensa che la soluzione dell'organico funzionale, cioè una struttura mobile capace di rispondere sul piano del territorio, della complessità dei singoli (anche alunni che fanno parte di un plesso o di una classe), sia la più adatta per rispondere ad un'idea di scuola che non escluda ma che accompagni i giovani nel loro percorso formativo.
Da ultimo, la questione della ricerca. Il finanziamento anche qui è stato recuperato per una cifra irrisoria a fronte di una legge finanziaria che, nonostante le promesse, nonostante il piano triennale della ricerca, di fatto non mette risorse in questo nevralgico settore. Però c'è una questione che non riguarda solo le risorse - l'ho detto prima - ma riguarda anche i modi, ed è anche su questa questione che noi siamo in radicale dissenso rispetto alle operazioni del Governo. Perché? Che cosa pensa questo Governo sulla questione ricerca? Intanto pensa - e questo si evince anche molto chiaramente dal piano triennale - che la fonte privilegiata per finanziare la ricerca sia quella del finanziamento diretto alle imprese, a prescindere dalla loro capacità di fare davvero innovazione, sperimentazione e ricerca. Il piano sulla ricerca individua il 58 per cento del monte complessivo da destinare alla ricerca come trasferimento diretto alle imprese. C'è poi una sproporzione altrettanto grande rispetto alle soluzioni adottate tra fondi destinati alla ricerca di base e fondi destinati alla ricerca applicata o alle applicazioni tecnologiche, cioè quelle legate ad un principio di immediata remuneratività, a immediato o corto respiro. Quindi, c'è proprio un meccanismo alla Tremonti-bis in relazione a questo sistema; è il trasferimento diretto che fa fronte alla ricerca di base. La ricerca di base, invece, è sostanzialmente ricerca a finanziamento pubblico e a controllo e gestione pubblica. Anche nel caso in cui si debba fare intervenire - e si deve fare intervenire - capitale privato nel settore della ricerca, questo capitale privato va organizzato dentro un sistema di Governo che resta a primaria e fondamentale utilità pubblica. Mentre invece il vostro meccanismo sembra attivare procedimenti poco virtuosi che si mettono le mani davanti agli occhi, non si chiedono a cosa servano questi trasferimenti di risorse e di denari pubblici alle imprese private, indipendentemente dai piani, dalle strategie, dai processi attivati.
In questo quadro, noi abbiamo presentato una serie di emendamenti che ripristinano invece il sistema del credito di imposta e non quello del trasferimento diretto, pensando che il credito di imposta che va alle aziende, alle imprese, che in qualche modo destinano risorse per l'innovazione, per la sperimentazione, con una serie di parametri che poi noi indichiamo, sia una buona pratica che, pur aprendo al privato, consente di mantenere l'unitarietà ed il carattere fondamentale del sistema della ricerca pubblica nel nostro paese.
Dunque, per concludere, se è vero che ritroviamo alcuni elementi positivi all'interno di questo decreto, come quello dell'attivazione di risorse per l'università, per la scuola, per la ricerca e dell'avvio di un mini processo di riforma per quello che riguarda la legge n.508, è vero che per il carattere asistematico con cui questo provvedimento si muove, per le contraddizioni che lo stesso articolo 6 evidenzia - come hanno sottolineato molti colleghi prima di me - , per la filosofia e per a concezione della formazione, dell'istruzione superiore ed inferiore, così come del sistema universitario, questo provvedimento mette in campo, noi voteremo contro. Sottolineeremo, relativamente ai singoli articoli, con emendamenti e con dichiarazione di voto, quali sono i punti che condividiamo, senza comunque condividere la filosofia d'insieme del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo dei Democratici di sinistra-l'Ulivo).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3312)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Santulli

PAOLO SANTULLI, Relatore. Presidente, rinuncio alla replica.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

STEFANO CALDORO, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, la mia non sarà una vera e propria replica; mi sono riservato di intervenire in questa sede nello spirito di confronto che ha contraddistinto questo provvedimento. In particolare intendo accordare un formale riconoscimento per l'impegno di tutti i componenti la Commissione di merito e per il contributo di tutti i gruppi; un contributo, evidentemente, a più voci, anche critico, che è servito, credo, anche per affrontare temi rilevanti non in questo provvedimento in particolare ma che vengono in esame quando si affrontato i temi della scuola dell'università e della ricerca in generale.
Il relatore Santulli ha evidenziato come il decreto-legge al nostro esame preveda interventi indifferibili e, per alcuni aspetti, indispensabili anche con riferimento ad alcune disposizioni finanziarie. Con riferimento ai temi della scuola (la riconversione professionale dei docenti in soprannumero e i meccanismi di formazione delle classi), anche con riferimento alle osservazioni svolte dall'onorevole Grignaffini, vorrei ricordare che in Commissione si è svolto un confronto, in particolare con il sottosegretario Aprea, volto a definire modalità e garanzie per l'attuazione di questi provvedimenti ed anche per quanto riguarda i requisiti formali delle nomine in ruolo dei docenti assunti prima del 1995 e dei compensi per gli esami di maturità.
Il provvedimento al nostro esame ha carattere di omogeneità e si tratta di una materia di competenza del nostro Ministero. Le critiche relative alla frammentarietà, se devono essere raccolte, credo debbano essere attribuite alla necessità di intervenire su tante materie diverse, tenendo presente, così come è stato osservato anche nel corso del dibattito, come si differenziano i vari livelli di intervento. Ma, anche in questo caso, ci siamo limitati esclusivamente alle materie indifferibili.
Per quanto riguarda alcune osservazioni sollevate oggi in aula riguardo alle università (su cui, peraltro, ci siamo già confrontati tra Governo, maggioranza e singoli gruppi della minoranza): è vero, siamo intervenuti con questo provvedimento per attribuire alle università fondi finalizzati a sanare le loro situazioni debitorie derivanti dalla corresponsione di classi e scatti stipendiali. Le università avevano contratto debiti prevalentemente col sistema bancario per adempiere ad atti dovuti. Siamo intervenuti sanando situazioni debitorie che ci trasciniamo dal 1995. Gli importi previsti sono importi che vanno a copertura; il provvedimento al nostro esame ed anche la legge finanziaria prevedono un'azione specifica di copertura di risorse e sarà la legge finanziaria stessa a dover discutere e prevedere, eventualmente, risorse aggiuntive per coprire i prossimi anni, mentre l'intervento del decreto-legge è finalizzato soltanto alla sanatoria di situazioni debitorie pregresse.
Anche in materia di diritto allo studio siamo intervenuti per salvaguardare un diritto acquisito dai beneficiari, appunto, di tale diritto, con riferimento, in particolare, alle università non statali legalmente riconosciute, così come previsto in un Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2001. Riteniamo, infatti, che il diritto allo studio, al di là di dove si svolga la propria funzione professionale e la propria attività di studio, non debba costituire elemento di discriminazione. Ciò vale per quanto riguarda le università in generale, essendo questa una misura rivolta direttamente allo studente.
In merito alle questioni legate alla ricerca - per ultimo affrontate dall'onorevole Grignaffini - siamo intervenuti, in particolare, per rendere più efficace l'utilizzo delle risorse già disponibili conferite con l'articolo 108 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000. Tale articolo suddivideva le risorse destinate alla ricerca tra il Ministero dell'industria e, appunto, il Ministero della ricerca. Siamo intervenuti ritenendo opportuno utilizzare queste risorse - così come già ne utilizziamo altre - attraverso i meccanismi previsti dal decreto legislativo n. 297 che istituisce, appunto, una data metodologia di spesa.
Per quanto riguarda i problemi più generali che sono stati accennati nel corso degli interventi, questi saranno materia di confronto politico anche in sede di discussione della legge finanziaria. In particolare, mi sento di dire che i riferimenti percentuali circa le ipotesi di crescita delle risorse destinate alla ricerca sono costituiti dai parametri dell'Unione europea in materia, sia per quanto riguarda la parte della spesa che viene da investimenti privati sia per quella derivante da trasferimenti pubblici. In particolare, per quanto riguarda la ricerca di base (mi limito solo ad alcune considerazioni sollecitate dall'intervento dell'onorevole Grignaffini) vi è per la prima volta l'impegno del Governo a stanziare in finanziaria - a favore di uno specifico fondo, il FIRB - risorse in consolidato per più di 100 milioni di euro per i prossimi tre anni. Anche il Governo ritiene che questo sia uno sforzo minimo, rendendosi altresì conto che non è certo questo ciò che si aspetta la comunità scientifica. Nello stesso tempo ciò non è quello che il Governo avrebbe voluto fare per la ricerca. Mi auguro perciò che la discussione che si svolgerà circa l'utilizzo delle risorse disponibili e, soprattutto, quella che ci vedrà impegnati per l'approvazione finale della legge finanziaria ci daranno la possibilità di un confrontarci nel merito, portando anche all'allocazione di nuove risorse per la ricerca.
Per quanto riguarda l'alta formazione artistica e musicale, su questo argomento il Governo - l'ho già detto in Commissione e lo ripeto oggi in aula - non ha ricercato, in particolare sulla validità ed il valore da dare ai titoli, nonché sulla spendibilità degli stessi da parte degli studenti, il consenso o, comunque, un facile consenso. È materia indifferibile: siamo intervenuti solo su questo aspetto e non su altri che - pure importanti ed urgenti - attendono risposte. Abbiamo però ritenuto di non inserire, in un decreto-legge, argomenti che potrebbero essere meglio e più compiutamente sviluppati in disegni di legge organici o, comunque, in quelle altre forme che si riterranno opportune nel corso del confronto parlamentare. In particolare, siamo intervenuti eliminando le situazioni penalizzanti per i possessori dei vecchi titoli, stabilendo una equiparazione, quindi non un'equipollenza, della validità del titolo, in particolare per quanto riguarda l'accesso alle professioni o ai concorsi. Abbiamo inoltre stabilito la spendibilità del titolo attraverso il riconoscimento dei crediti formativi. Questo è lo stesso percorso che il Parlamento e la Commissione hanno seguito in altre occasioni.

È una questione che chiaramente dovremo affrontare insieme alle altre, così come è stato anche sollecitato nel corso del dibattito dagli onorevoli Lolli e Pistone. Per ora ci siamo limitati solo alle questioni riguardanti gli studenti. Il primo è un motivo semplice ed evidente: l'inizio dell'anno accademico. La legge n. 508 del 1999 pone un problema di ridefinizione dei nuovi ordinamenti didattici. Non essendo prevista nella legge n. 508 né una copertura (e, quindi, risorse) né, allo stesso tempo, norme transitorie che ci permettessero di risolvere tali questioni in sede di applicazione della legge, siamo dovuti intervenire con un provvedimento specifico.
È chiaro che gli studenti si confrontano con un mercato europeo in cui il loro titolo non viene riconosciuto, mentre lo stesso viene riconosciuto a tanti studenti che in Europa compiono, più o meno, il loro percorso formativo. Pertanto, siamo intervenuti per dare loro la possibilità di essere posti sullo stesso piano di tutti gli studenti europei che seguono la loro formazione specifica.
Anche il Governo ritiene di dover difendere la specificità dell'alta formazione artistica e musicale e, quindi, anche del titolo che deriverà dai nuovi ordinamenti. Infatti, anche l'alta formazione artistica e musicale con i regolamenti didattici dovrà strutturare nuovi ordinamenti. Chiaramente, dobbiamo fare ciò tenendo presente il quadro generale. Al riguardo, sono perfettamente d'accordo sul fatto che non sia pensabile poter lavorare su due piani. Tutto il comparto dell'alta formazione, sia quella dell'università sia quella dell'alta formazione artistica e musicale, deve vivere di un equilibrio proprio e di sistema. Anche la spendibilità del titolo e, quindi, il sistema del valore dei crediti formativi devono essere reciproci. Ciò dovrà essere stabilito nell'ambito dell'autonomia, per la parte che compete all'autonomia, e delle forme già previste nella legge n. 508 del 1999, attraverso convenzioni o singoli e specifici riconoscimenti.
Nello stesso tempo, comunque, il Parlamento o anche il ministero, possono intervenire con atti adeguati e con azioni di regolamentazione. Tuttavia, non era possibile inserirli in un decreto-legge, così come non era possibile intervenire con un decreto-legge (non so fino a che punto sia consentito farlo attraverso un provvedimento legislativo) in materia di adeguamento dello stato giuridico o dei sistemi di reclutamento o su tutto ciò che concerne il dibattito che si svolge sull'alta formazione artistica e musicale, in particolare, sui temi legati al personale docente. Questa, comunque, è una questione aperta, che riveste alcune competenze da contratto, che possono essere viste nell'ambito della discussione che si terrà all'ARAN, in particolare, in materia di contrattazione sindacale.
Per ora, come sapete, il ministero ha varato una direttiva legata al contratto del personale, docente e non docente, dell'alta formazione artistica e musicale, compiendo lo sforzo di prevedere una definizione più specifica del comparto dell'alta formazione artistica e musicale nell'ambito di quello più globale e generale della scuola. È, però, un percorso che ha i suoi tempi e che in questa fase iniziale dobbiamo necessariamente accompagnare.
Un ultimo accenno è legato ad una serie di misure, che non sono state ricordate ma che credo siano importanti, riguardanti il diritto allo studio. In particolare, mi riferisco a quella che prevede uno stimolo delle università volto a favorire le attività di servizio per gli studenti svolte da associazioni o cooperative studentesche o dai collegi universitari legalmente riconosciuti con particolare riguardo alle attività di orientamento e tutorato. Anche in questo caso si tratta di una misura molto sentita dagli studenti.
L'ultima questione riguarda l'ultimo articolo del decreto-legge, recante la proroga da 30 a 36 mesi per l'adeguamento degli ordinamenti didattici dei corsi di studio delle università. Si tratta di un emendamento proposto al Senato e che il Governo ha accettato.
Questo riguarda chiaramente la parte del sistema universitario e gli atenei che non si sono ancora uniformati al nuovo ordinamento e non tocca minimamente chi ha già compiuto la scelta di accettare i nuovi ordinamenti né rallenta il processo di riforma.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, concludo sottolineando ancora una volta l'impegno che vi è stato nel dibattito sia in Commissione, sia in aula. In particolare, vorrei ricordare il formale riconoscimento della Presidenza del Senato, al momento della conclusione del dibattito sul provvedimento in esame, per il modo in cui si erano svolti i lavori e per il tono costruttivo del dibattito in sede di confronto parlamentare. Sono convinto che tale riconoscimento vi sarà anche alla Camera dei deputati.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.